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ALIMENTAZIONE E CROSSFIT

Il Crossfit è una recente disciplina sportiva molto complessa dal punto di vista delle esigenze metaboliche in quanto bisogna essere forti – resistenti – esplosivi ed avere una buona base di capacità aerobica, il che è molto difficile in quanto ciascuna di queste capacità si può sviluppare al massimo solo grazie ad un elevato livello di specializzazione, che esclude la massima performance nelle altre. Di conseguenza il Crossfitter si deve allenare per avere una capacità media molto alta, anche se non massimale, di tutte queste capacità e questo comporta spesso svariate ore di allenamento quotidiano, il che predispone molto facilmente ad uno stato di sovrallenamento. Ovviamente, date queste premesse, un’alimentazione adeguata ed anche una relativa integrazione, diventano fondamentali per garantire il necessario recupero e la possibilità di avere miglioramenti prestazionali. Il problema principale del Crossfitter è che la maggior parte del suo lavoro impegna il metabolismo anaerobico-lattacido e quindi deve assolutamente contrastare con l’alimentazione (e integrazione) questa tendenza all’acidosi, oltre che fornire la quantità di proteine necessarie per lo sviluppo muscolare, e di carboidrati e grassi di buona qualità per supplire alle richieste energetiche e metaboliche specifiche; il che si potrebbe tradurre in pesce, tanta verdura e frutta fresca, secca a guscio. Queste caratteristiche sono proprie della Paleo Dieta che di fatto è stata adottata, in certi casi quasi “religiosamente”, dalla maggior parte dei Crossfitter.

La paleodieta è una nuova dieta che in realtà è la dieta più antica del mondo ovverosia è l’alimentazione che l’uomo primitivo delle caverne seguiva nel periodo precedente la scoperta dell’agricoltura avvenuta circa 10.000 anni fa. Per circa due milioni di anni l’uomo era stato  cacciatore–raccoglitore ed il suo sostentamento era basato su quello che poteva trovare: frutta, bacche e miele come fonte di carboidrati, il fabbisogno di grassi e proteine era invece coperto da semi, nocispeci, bruchi, lumache, insetti, uova, pesce, crostacei, soprattutto gli organi interni degli animali e il cervello più facilmente digeribili rispetto alla carne cruda delle fasce muscolari che, essendo molto ricche di connettivo, erano difficilmente digeribili. Solo con l’uso del fuoco, circa 300.000 anni fa, si sfruttarono meglio i muscoli degli animali cacciati potendo arrostire la carne e anche i legumi, resi digeribili dalla cottura. Una delle critiche più comuni a questa dieta è che sia una dieta iperproteica; in realtà non è così in quanto i carboidrati erano ben presenti, non sotto forma di cereali, bensì come frutta e verdure. Le percentuali non erano fisse ma potevano variare anche in conseguenza della disponibilità del cibo e a secondo del clima e delle stagioni. Viene indicato un range nel quale: i carboidrati vanno dal 20% al 40 %, le proteine dal 20% al 35% e i grassi dal 30% al 60%.

L’altro problema dei Crossfitter è la produzione di cortisolo che in questi atleti, data la mole e l’intensità dell’allenamento, è quasi sempre elevata. L’alimentazione finalizzata al controllo del cortisolo prevede più pasti distribuiti nell’arco della giornata, possibilmente distanziati non più di 3-4 ore, ed una combinazione di macronutrienti con una proporzione proteine/carboidrati tra 0,5 e 1 privilegiando i cibi a basso indice glicemico, cioè che alzano poco la glicemia, nell’ottica di evitare quelle fluttuazioni glicemiche che sono poi anch’esse alla base della produzione di cortisolo in quanto esso viene stimolato, essendo un ormone iperglicemizzante, in seguito ad una eventuale ipoglicemia reattiva dovuta ad un eccesso di carboidrati ad alto indice glicemico. Ma questi sono concetti della Dieta Zona che è conosciuta anche come dieta 40-30-30 (rapporto proteine/carboidrati = 0,75) per il fatto che apporta il 40% di calorie provenienti dai carboidrati, 30% dalle proteine ed il 30% dai grassi per ogni pasto e/o spuntino.

In realtà la regola fondamentale della dieta Zona è calcolare quante proteine servono al vostro organismo, dopodiché assicurarsi che il rapporto tra i grammi di proteine e quelli di carboidrati ad ogni pasto sia di 0,75 o comunque tra lo 0,5 e 1. Un rapporto 1 è più indicato per il dimagrimento, diventando così 33/33/33 le percentuali dei macronutrienti, mentre per un atleta di crossfit può essere meglio un rapporto 0,75 e le ulteriori esigenze caloriche, oltre a quelle fornite dai carboidrati e dalle proteine, devono essere colmate dai grassi che quindi possono arrivare ad un livello ben superiore del 30% con il risultato di creare un miglior adattamento all’utilizzo dei grassi a scopo energetico. Mi spiego in maniera più semplice : si parte dal fabbisogno proteico (p.es 2 gr per kg di peso corporeo in un atleta di 75 kg sono 150 gr che equivalgono a 6oo kcal) si aggiungono i carboidrati in maniera da rispettare la proporzione 0,75 ( 225 gr che equivalgono a 900 kcal ) a questo punto si aggiungono i grassi per raggiungere le calorie necessarie (in un atleta di 75 kg che si allena due volte al giorno il consumo calorico può arrivare tranquillamente a circa 3000 kcal e quindi aggiungendo 1.500 kcal di grassi la dieta diventa 30/20/50 cioè 30% di carboidrati, 20% di proteine e 50% di grassi. In realtà anche i carboidrati potrebbero essere dosati sulla base delle quantità di lavoro anaerobico totale che presuppone l’utilizzo dei soli carboidrati.

A questo punto avendo visto il vantaggio della dieta ZONA consiglierei ai fautori della PALEO, che la seguono quasi “religiosamente”, di passare almeno alla PALEOZONA dove i concetti dell’equilibrio glicemico, dell’apporto di Omega-3 antiinfiammatori, del rapporto tra i vari macronutrienti, tipici della ZONA, sono adattati ai criteri di esclusione di certi alimenti della PALEO. Ma perché i Crossfitter devono stare attenti a non esagerare con i carboidrati e non devono invece assumere quantità elevate di carboidrati come i Bodybuilders in fase di massa? Bene, ancora una volta entra in campo il problema dell’acidosi, causata non solo dall’acido lattico ma anche dallo ione idrogeno H+ dell’idrolisi dell’ATP, che è il vero fattore limitante della prestazione del Crossfit.

Nel Bodybuilding massimizzare la produzione di acido lattico non rappresenta un problema, anzi direi quasi una finalità, considerando che la produzione di acido lattico è alla base di quelle situazioni metaboliche che favoriscono la produzione di GH e Testosterone. Nel Crossfit l’acido lattico non permette il proseguimento della prestazione in quanto blocca le capacità contrattili a livello muscolare. Un “WOD” che duri dai 15 ai 20 minuti pur essendo prevalentemente anaerobico-lattacido fa intervenire per forza in parte anche il metabolismo aerobico che è, tra l’altro, ancora più fondamentale per il recupero tra una prestazione e l’altra. Se noi seguiamo un’alimentazione molto ricca di carboidrati, il nostro organismo per forza svilupperà maggiormente gli enzimi deputati alla glicolisi, sia in chiave anaerobica che aerobica, favorendo appunto l’uso del glucosio sia come carburante obbligato a livello anaerobico che anche preferenziale a livello aerobico e questo può facilmente portare ad ipoglicemia durante l’esercizio fisico con cali energetici a livello psico-fisico e a precoci esaurimenti delle scorte di glicogeno muscolare. Se invece, tramite un’alimentazione dove l’equilibrio dei macronutrienti favorisce una glicemia stabile e la calma insulinica (l’insulina impedisce l’uso dei grassi a scopo energetico), l’organismo svilupperà progressivamente quelle vie metaboliche enzimatiche che permettono l’utilizzo dei grassi a scopo energetico e, siccome i grassi possono essere utilizzati solo nel metabolismo aerobico, questo più facilmente entrerà in gioco rispetto ad una alimentazione sbilanciata sui carboidrati. Ricordatevi che quando si parla di metabolismi energetici si parla sempre di prevalenze in uno sforzo di 15’ – 20’; esiste comunque un intervento del metabolismo aerobico che può essere più facilmente supportato dalla maggior disponibilità dei substrati lipidici, da una dieta che porta alla calma insulinica con un minor apporto di carboidrati e maggiore di grassi, quale è appunto la DIETA ZONA, e questo si traduce anche in una minor produzione di acido lattico. Tornando all’altro problema dei Crossfitter, cioè dell’elevato livello di cortisolo, si può adottare il concetto della Cronormorfodieta (o DIETA COM) che prevede un maggior consumo di carboidrati nel pasto serale per favorire la produzione di serotonina e leptina e diminuire quella di cortisolo. Sempre rimanendo nell’ambito dell’equilibrio ZONA i pasti precedenti la cena andrebbero in questo caso strutturati con un rapporto 33 – 33 – 33 o meglio dire un rapporto proteine/carboidrati di 1 (in quanto i grassi possono essere aumentati sulla base delle esigenze caloriche) ed invece la cena con un rapporto 50 – 25 – 25 o un rapporto proteine/carboidrati di 0,5 (come sapete la Dieta Zona prevede un rapporto proteine/carboidrati tra lo 0,5 ed 1). Inoltre, questo timing di assunzione dei macronutrienti è ancora più favorevole all’utilizzo dei grassi a scopo energetico durante le fasi di recupero intrallenamento e, soprattutto se l’allenamento più pesante è effettuato nel pomeriggio-sera, favorisce meglio il recupero del glicogeno muscolare ed inibisce maggiormente il catabolismo proteico post-allenamento, facendo invece prevalere le vie anaboliche.

La mia esperienza personale con gli atleti di Crossfit agonistico ad alto livello e non, mi ha permesso di riscontrare, tramite un esame che faccio di routine – l’HAIR ANALYSIS (l’esame del bulbo del capello), notevoli carenze a livello cellulare sia di minerali che di vitamine, amminoacidi e finanche ormoni. Non esito a definire il Crossfit a livello agonistico uno sport estremo per i sistemi metabolici dell’organismo ed è puramente utopistico pensare di non andare in carenza e sovrallenamento senza una più che adeguata alimentazione ed una specifica integrazione alimentare. Integrazione che spesso deve essere disegnata su misura per l’atleta perché quando l’attività fisica è così spinta, le carenze si possono esprimere sulla base non solo di insufficienti apporti ma anche di differenti meccanismi di metabolizzazione, assorbimento, eliminazione, trasformazione, che possono dipendere da particolari vie metaboliche caratterizzate geneticamente. Il riequilibrio di queste carenze tramite un apporto specifico di integratori, poi verificato con un successivo esame, ha sempre portato ad un notevole miglioramento dello stato di benessere e della prestazione.

Fotnte: Dott. Massimo Spattini - Accademia del Fitness-Wellness-Antiaging / luglio 2016

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